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Studenti scrivono lettera ai loro coetanei: “La responsabilità della memoria per un futuro migliore”

by Roberto Marrone
Gennaio 27, 2025
in Attualità, In evidenza
1
Studenti scrivono lettera ai loro coetanei: “La responsabilità della memoria per un futuro migliore”
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Riceviamo e pubblichiamo di seguito una lettera aperta realizzata, in occasione della Giornata della Memoria, dagli studenti della IV Rim dell’Istituto d’Istruzione Superiore “F.Ferrara” di Mazara del Vallo e rivolta ai loro coetanei.

Cari ragazzi e ragazze, 

ci rivolgiamo a voi, noi della 4ªA R.I.M., con il cuore in mano e la responsabilità di testimoniare ciò che abbiamo compreso: il passato è una lezione preziosa, un patrimonio di memoria e dolore che ci chiama a costruire un futuro più giusto e umano. Viviamo in un tempo in cui ci sembra di avere tutto. Ma questo “tutto” non deve mai essere dato per scontato. La libertà, i diritti, la possibilità di scegliere chi essere e cosa fare sono il frutto di lotte e sacrifici. Non dobbiamo mai dimenticare chi, prima di noi, ha sofferto per conquistare ciò che oggi chiamiamo normalità. 

Decidere di partecipare al concorso “I giovani ricordano la shoah” ha dato a tutti noi la possibilità di varcare, attraverso lo studio, i cancelli del campo di concentramento di Ravensbruck. Abbiamo conosciuto le storie di alcune prigioniere e SS femminili, rivissuto gli orrori subiti e commessi, compreso la lucidità e la freddezza di chi questo luogo lo ha pensato, strutturato e costruito e l’ingenuità di chi dall’altra parte ci si è trovata dentro “con l’unica colpa di essere nata”. 

Abbiamo studiato che tutto è iniziato nel freddo Novembre del Millenovecentotrentotto quando, aperti i cancelli, da una parte le guardie urlavano: “A destra!” dall’altra “A sinistra!”, ma le donne appena deportate non sapevano che la sinistra significasse camere a gas e, la destra lavori forzati. Molte ragazze giovani e belle furono obbligate a prostituirsi, con la falsa speranza di essere liberate solo se fossero riuscite a resistere per sei mesi, sei mesi interminabili. Altre si ritrovarono a dover affrontare lunghe e stremanti sessioni di lavoro e la dura quotidianità all’interno del campo di concentramento. 

La sofferenza, inferta su corpi e anime, non deve essere dimenticata: ci chiede di combattere ogni forma di discriminazione, di oppressione, di ingiustizia. Parità di genere, uguaglianza e solidarietà non sono sogni lontani, ma battaglie quotidiane che dobbiamo abbracciare non solo per noi stessi, ma anche per chi verrà dopo di noi. Non basta augurarsi un mondo migliore ma dobbiamo formarci e conoscere il passato per realizzare un futuro all’altezza dei nostri ideali, aiutandoci con gesti concreti e una determinazione incrollabile. 

Ravensbrück era un luogo in cui l’umanità veniva annientata. Un campo di concentramento dove giovani donne, madri e sorelle subivano violenze e umiliazioni. Erano vittime di esperimenti medici quali: congelamento prolungato, vaccinazione antipetecchiale, sterilizzazione attraverso l’iniezione di un liquido orticante nell’utero, ricerche sull’epatite epidermica, prove di farmaci, trapianti di ossa e muscoli, rimozioni degli organi… Le prigioniere venivano punite e denigrate con isolamenti forzati, esposizioni al freddo, lunghi digiuni e punizioni corporali. 

In questo campo di concentramento, come in tutti gli altri, l’identità veniva annullata da un numero tatuato a fuoco su un lembo di pelle per imprimere in modo incancellabile la “colpa” di ogni vittima. E risuonano forti nella nostra memoria le parole di Primo Levi che per la prima volta, forse, comprendiamo fino in fondo: “Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno”. 

Nascere non è una colpa, non lo è mai stato. Nessuno dovrebbe sentirsi diverso, inferiore o sbagliato per il proprio genere, la propria cultura, il proprio colore o fede. L’umanità non conosce confini: è un valore che ci accomuna e che ci impone di riconoscere negli altri una parte di noi stessi. Questa è la nostra eredità: un passato che ci insegna a non girare la testa di fronte al dolore e all’ingiustizia, a tendere la mano, a credere in un mondo in cui nessuno venga lasciato indietro. La nostra vita è una tela bianca ancora da dipingere con esperienze, avventure, momenti gioiosi, grigi e cupi, possibilità che agli ebrei di ieri è stata negata, togliendo loro la propria identità e la vita stessa. Se è vero che la storia è maestra di vita, perché ancora oggi l’uomo non ha imparato la lezione e si ostina a commettere atrocità e generare dolore per imporsi sui propri simili? 

Ravensbrück, e tutti i luoghi che hanno testimoniato l’annientamento dell’umanità, devono restare una ferita viva, una memoria che ci sprona a fare meglio, a non ripetere gli errori. Siamo noi, i giovani di oggi, a dover raccogliere il testimone. Non c’è alternativa: il nostro compito è lottare per un futuro in cui solidarietà, parità e umanità siano realtà, non utopie. 

Con speranza e determinazione, i ragazzi e le ragazze della 4ªA R.I.M. 

Francesco, Gloria, Sonia, Angelica, Antonio, Francesco Pio, Giuseppe, Sofia, Mariagabriella, Chiara, Alessia, Maria, Giulia, Lara, Nour, Marta, Lorenzo, Baldassare, Alessandro, Salvatore, Melissa, Ylenia, Ainhoa e Mariasofia. 

Comments 1

  1. Olga says:
    5 mesi ago

    Sono molto compiaciuta di questa lettera.bravi ragazzi.mi auguro che gli scempi compiuti dai nazisti non si ripetino più,anche se con mio grande dolore continuano le guerre.voi giovani siete la nostra speranza,tema del Giubileo.e allora forza non demordete. Auguri!

    Rispondi

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