1.243 E’ questo il numero “magico”, il vantaggio in termini numerici che ha portato Salvatore Quinci ad essere eletto, dopo anni di commissariamento e con una inedita elezione di secondo livello, riservata ai 377 tra sindaci e consiglieri comunali del territorio, nuovo Presidente del Libero Consorzio di Trapani (ex Provincia per capirci).
47.648 punti, contro i 46.401 del “competitor” (come ha sempre tenuto a sottolineare il neo Presidente) sono stati infatti raccolti da Quinci sulla scheda elettorale riservata all’elezione della prima carica provinciale, con una percentuale di affluenza che sfiora il 97% (361/377).
Il sistema di voto, infatti, prevedeva due schede separate per Presidente e Consiglieri, un metodo proporzionale puro senza collegamento tra liste e candidati presidente ed un conteggio ponderato dei punti in funzione della popolazione dei vari comuni, distinti in 5 fasce: Verde, Rossa, Grigia, Arancio ed Azzurra, cui corrispondevano schede colorate assegnate ad ogni elettore in funzione del Comune di appartenenza.
In termini percentuali, rispetto ai voti espressi, siamo circa ad un risultato che è vicino a 50,7% per Quinci, contro il 49,3% di Lentini. Una sfida all’ultimo voto, considerando che, apparentemente, sarebbero bastati 2 o 3 consiglieri “di peso” ad invertire il risultato.
Il dato politico, però, è forse più evidente fra i numeri delle liste “a sostegno” (anche se non formalmente collegate) dei due pretendenti. Una sola lista, chiaramente civica, con 10 candidati per Quinci che raccoglie circa il 30% (circa 30.121 punti, ben 17.527 punti in meno del risultato ottenuto dal candidato alla presidenza) delle preferenze contro quattro (Lega, FDI, FI e DC) con 42 candidati per Lentini che raccolgono circa il 70%. Un abisso, sulla carta e di fatto, che evidenzia forse il vero motivo della vittoria di Quinci.
Più del 20% dei punti raccolti, e quindi dei voti raccolti, che dalla coalizione di “centrodestra unito” si spostano verso il Presidente Quinci. Se, per semplicità di conti e ragionamenti, assumiamo la corrispondenza lineare tra punti e voti, sono oltre 70 i consiglieri e sindaci della provincia che, pur votando un candidato ed una lista del centro destra, hanno preferito il messaggio ed il metodo Quinci.
Una sorta di “voto disgiunto” che difficilmente è ascrivibile alla figura del candidato Lentini, persona di grande spessore culturale e politico, apprezzata da tanti e rispettata in tutta la provincia ne tantomeno rende facilmente individuabili tradimenti di singoli o di singoli gruppi (nessuno, tra le accuse reciproche che scorrono in queste ore, ha tali numeri). Un fenomeno molto più trasversale e diffuso, più o meno proporzionalmente, a tutte e quattro le forze di un centro destra non tanto unito che forse è più una risposta della base al metodo utilizzato dai rispettivi capi partito, che, da soli hanno pensato di confezionare un abito su misura delle loro ambizioni più che ai loro colleghi elettori.
Piaccia o no, infatti, basta scorrere le singole liste di candidati per rendersi conto che parlare di politica e valori di partito, di fedeltà e linee dettate da seguire è una forzatura che mal si adatta al tessuto politico che da oltre trent’anni domina la scena di ogni territorio, fatta di civismo più o meno celato, di continui cambi di casacca soprattutto ad ogni occasione utile, di partiti che non presentandosi alle elezioni e senza vere classi dirigenti, acquisiscono qua e la consiglieri e sindaci che spesso restano addirittura semplici “amici” del capo senza nemmeno averla, la tessera.
Insomma, se la politica coltiva lattughe, non può aspettarsi nulla di diverso dalle insalate, anche se provi a chiamarle in maniera diversa.
Giacomo D’Annibale