Anche per chi odia la routine, come me, la mattina è quella (prima) parte di giornata che, tuttavia, ho necessità di sentire particolarmente sicura nella sua ripetitività di genere, che per me è leggere subito le notizie ad accertarmi che il mondo sia ancora il parco giochi preferito per bambini un po’ troppo cresciutelli come Trump, Putin e Xi Jinping. Per lo meno, complice l’estate alle porte, magari si ha pure la fortuna di incappare, invece, in più ameni articoli di stampa che sempre accompagnano il principio di ogni nuova bella stagione, sin dalla primavera.
Così, tra un caffè e qualcosa da metter sotto ai denti per non giungere all’ora del pranzo come un naufrago che s’è cibato, per mesi, solo di bacche, mi sono imbattuto in un articolo di Repubblica che, in esclusiva, dava conto delle #bandiere #blu assegnate per il 2025, una sorta di Oscar assegnato alle migliori spiagge italiane. E, con la presunzione del siciliano medio (il quale crede che mare, sole e vento siano marchi nostri concessi in licenza al resto del mondo) mi son messo a scorrere la notizia, fino a imbattermi in una mappa incredibilmente sorprendente.
A fronte di decine e decine di siti assegnatari di detto riconoscimento presso tantissime regioni peninsulari, da Sud a Nord, non solo la nostra cara Sicilia pare quasi arrancare ma quel po’ di affermazioni si concentra nella parte Orientale, ché, da questa parte, per capirci tirando una linea da Palermo ad Agrigento, appena due spiagge in quel di Menfi (Agrigento).
L’interrogativo sorgeva, dunque, persino più spontaneo della caffettiera messa subito sul fornello quando, ancora impigiamati, si è ancora incerti di esser tornati alla vita o di star sognando: come può esistere in natura che questo lembo di Sud abbia meno bandiere anche di remote e sconosciute lande del Nord o dell’Adriatico?
Chiaro, altrettanto istintivo potrebbe esser la tentazione, sempre presente nel lagnoso auto assolverci isolano, di ricorrere a frasi fatte come “chissà che impicci fanno questi con le bandiere”, “la colpa è di questa Amministrazione. Anzi, della precedente. O della Regione, lo Stato e… tanto son tutti uguali!”. Ormai abbiamo l’alibi per tutto, anche aiutati da una classe dirigente tra le peggiori che questo secolo ricordi. Ma quegli altri territori, dunque, hanno il gene dell’infallibilità nelle elites che li governa? No. E non è neanche facile un’autocritica che non ecceda in altrettanto qualunquismo ma, si sa, dopo il caffè e una bella doccia calda, si è uomini e donne nuovi, diciamo, anche più tolleranti e riformisti che al risveglio.
La verità, e sia detto senza tentennamenti, è che essi hanno una struttura sociale più responsabile e coscienziosa della nostra. Una complesso di liberi cittadini, associazioni e imprese che si faranno pur prendere in giro, qua e là, da chi li rappresenta, ma mai oltre un certo limite e mai cercando, in fondo e furbescamente, quasi di collaborare nel divenire vittime, facendo spudoratamente gli gnorri in cerca o in vista, in realtà, di un qualsiasi altro vantaggio individuale, teoricamente superiore. Che brutto calcolo. E dire che tra poco se ne vedranno, nei nostri profili fb o ig, di foto con tramonti mozzafiato accompagnati da didascalie come minimo inneggianti al Paradiso. Ma è che i tramonti si fotografano sempre in campo lungo, spesso lunghissimo, così da risparmiarci il dettaglio della ‘monnezza’ che quella graziosa barchetta, là in fondo, stava per produrre.
Naturalmente, immancabile, arriverà anche il momento del sommo interrogativo che da anni popola le discussioni di molti siciliani al ritorno di qualsiasi viaggio, ovvero di come la nostra isola possa venire, per turismo, dopo regioni che non hanno neanche la metà delle nostra varietà patrimoniale, sia dal punto di vista paesaggistico che artistico-culturale e gastronomico.
Certo, c’è altro nei nostri disastri, come la nostra ormai atavica incapacità a vedere il turismo come un’industria, della quale dovrebbero far gola non solo i grandi numeri ma anche la rigida serietà delle procedure e della tecnica che ne stanno alla base. Noi invece vediamo un turista e pensiamo alla lotteria. Tanto chi lo rivede più? E poi quante pretese: lo vuole amaro, lo vuole zuccherato, lo vuole secco, dolce, semisecco, cotto, medio, al sangue o crudo. Insomma, ma una casa non ce l’ha? Vuoi vedere che alla fine ci chiede pure da dove passa il bus o dove prendere un taxi? Un taxi!!! Sono proprio strani ‘sti turisti.
Eppure, giungere ultimi (o quasi) pure su quel che dovrebbe essere il nostro campo prediletto, ovvero le spiagge e il mare della costa, no, non dà pace. Manco il Sole lo capisce più perché tanta fatica, da millenni, a illuminarci costantemente e più degli altri.
Ninny Antonino Aiuto