Un epilogo amaro, senza gloria, ma perfettamente coerente con quanto si è visto da agosto fino a oggi. C’è poco, pochissimo da salvare in un’annata che, senza mezzi termini, si può definire un autentico fallimento.
Una squadra che non ha mai trovato un’identità, una guida tecnica confusa, fatta di scelte spesso incomprensibili: formazioni stravolte, ruoli snaturati, sostituzioni senza logica. Sullo sfondo, un rapporto ormai logoro tra società e tifoseria, con il punto di rottura raggiunto nelle contestazioni in occasione delle ultime due gare in casa e la decisione di non seguire più la squadra nei playoff. Giocatori dal grande nome, pagati da top club, che hanno finito col soccombere contro avversari ben più modesti, almeno sulla carta.
È mancato tutto: grinta, orgoglio, fame. Il copione, purtroppo, è stato sempre lo stesso.
Doveva essere l’anno della svolta, quello della rincorsa concreta alla promozione. Dopo due stagioni di assestamento, l’obiettivo era chiaro. I pronostici d’agosto parlavano chiaro: Sassuolo e Palermo in pole position per il salto diretto in Serie A. La realtà ha raccontato ben altro: un campionato mediocre, discontinuo, incerto fino all’ultima giornata. I playoff, raggiunti a fatica con un modesto ottavo posto, rappresentano più una consolazione che un traguardo. Peggio della scorsa stagione. Incredibile, ma vero.
Ora è tempo di fare i conti. La proprietà deve assumersi le proprie responsabilità e intervenire subito: serve un nuovo progetto, un nuovo tecnico, uno staff all’altezza e una squadra degna di questo nome.
Perché Palermo merita molto di più. Merita rispetto, merita orgoglio, merita una squadra che onori ogni domenica l’amore della sua gente.
Roberto Rubino