Un vertice ai massimi livelli istituzionali per fare chiarezza sul futuro del settore della pesca nel Mediterraneo. È quello che si è tenuto a Mazara del Vallo lo scorso 30 maggio, nell’ambito della manifestazione “Tesori dal Blu” e che, secondo gli organizzatori, per volere del Ministero dell’agricoltura, è stato posto al centro del Mediterraneo la cittadina del Satiro.
Anche se, volendo abbandonare i toni polemici, Mazara del Vallo è al centro del Canale di Sicilia e quindi del Mediterraneo perché lo ha stabilito la geografia ancor prima del Ministero. La politica ha il dovere di dare centralità al dialogo per risultati comuni e percorribili.
Buoni i propositi emersi dalla riunione, ma molto lontane le soluzioni. E questa non è una buona notizia, perché resta aperto il dossier pesca, con il corredo di implicazioni negative e strascichi polemici. Il tempo trascorre inesorabilmente e l’economia ittica muore velocemente, trascinando con sé l’impoverimento culturale dei territori interessati. Tradizioni, usi e mestieri rischiano di capitolare sotto il macete dei regolamenti comunitari, nell’incapacità politica di arrestare la forza distruttiva di certe lobby burocratiche europee.
La riunione ha visto a confronto il ministro del Mare Nello Musumeci, il sottosegretario di Stato con delega alla pesca Patrizio La Pietra ed i ministri Anton Refalo (Malta) , Adel Sultan (Libia) e Ezzeddine Ben Cheikh (Tunisia).
Misure comuni di arresto temporaneo delle attività di pesca, salvaguardia delle specie ittiche, zone di ripopolamento, delimitazioni marittime e zona economica esclusiva, guerra del pesce, alcuni dei temi che avrebbero dovuto trovare una possibile soluzione. E poi, il nodo cruciale del mancato ricambio generazionale nel settore che ha finito per ridurre drasticamente i livelli occupazionali e produttivi, in quello che rimane, insieme all’agricoltura, settore primario e strategico per il Pil nazionale. Fino a quando l’ottusità delle istituzioni comunitarie non permetterà di ammodernare e costruire nuove imbarcazioni, più sicure, confortevoli e dotate di tutte le nuove tecnologie, non ci sarà un giovane disposto a lavorare nel settore della pesca professionale. Dopo oltre trent’anni, ancora si discute di questa folle limitazione che nulla ha a che fare con la riduzione dello sforzo di pesca. Avranno forza e lungimiranza i politici italiani nel far comprendere questa che è divenuta una emergenza sociale oltre che economica?
Dai lavori sono emersi atteggiamenti collaborativi e cooperanti da parte degli esponenti istituzionali dei paesi del Maghreb. Questa riconosciuta disponibilità, sarà sufficiente a invertire la crisi irrefrenabile? Perché non è stato avviato prima un dialogo istituzionale sulla pesca nel Mediterraneo? E poi, siamo così sicuri che gli interlocutori maghrebini risponderanno concretamente e tempestivamente accettando accordi specifici limitativi della capacità di cattura delle proprie flotte pescherecce per salvare il Mediterraneo?
Interrogativi che restano ancora una volta senza risposta.
Attenzione a cantare vittoria e a lanciare proclami sul risultato dell’evento mazarese! Guardando con una visione ottimista, è possibile azzardare che un primo concreto passo di avvicinamento, tra alcuni dei protagonisti nello scenario geopolitico mediterraneo, sia stato fatto. Passo timido ed ancora insufficiente, perché sono ancora pochi coloro che sembrano aver aderito, per la verità. Gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo sono 22, appartenenti ai tre continenti: 11 europei, 5 africani e 5 asiatici. A questi si aggiunge la Gran Bretagna che ha due territori d’oltremare, Akrotiri e Dhekelia, situati nell’isola di Cipro, che si affacciano anch’essi sul Mediterraneo.
L’interlocuzione sembra essere avviata, il dossier pesca, però, resta aperto, in attesa di essere allargato ad altri protagonisti con il coinvolgimento della diplomazia italiana, stranamente assente alla manifestazione mazarese.