La pesca professionale soccombe sotto il ricatto ambientalista e la folle corsa al riarmo che sottrarrà ingenti risorse ai settori economici tradizionali e trainanti per l’intera Europa. E’ il risultato della proposta di bilancio pluriennale presentata ieri dalla Commissione, capeggiata dalla Von der Leyen, che riduce le risorse per la pesca a poco più di 2 miliardi, con una perdita netta del 67%.
Più che folle la scelta di Bruxelles sembra scientemente architettata per completare il progetto di distruzione della pesca, soprattutto nel Mediterraneo, iniziata qualche decennio fa e che trova compiutezza nel prossimo settennio, con danno irreparabile per la flotta italiana. Con la manovra comunitaria sul Bilancio Ue 2028-2034 i fondi destinati alla pesca professionale in Europa subiranno un taglio drastico del 68% passando da 6 a 2 miliardi. La manovra proposta all’Europarlamento dal Commissario al bilancio Serafin è un attacco frontale al Sistema Pesca Italia che ha già subito negli anni scorsi riduzioni restrizioni dall’UE con conseguente impoverimento di oltre il 20% della flotta peschereccia e la perdita di circa 18.000 posti di lavoro.
La dotazione finanziaria del FEAMP 2028-2034 sarà definita nel contesto del bilancio UE e dei negoziati tra le istituzioni europee e gli Stati membri, tenendo conto delle priorità strategiche per la pesca, l’acquacoltura e l’economia blu. Sapranno i governi marittimi difendere i settori primari che costituiscono l’ossatura economica del Vecchio Continente? Il taglio radicale ai fondi pesca rischia di compromettere definitivamente lo sviluppo della filiera ittica italiana, conclamando il progetto delle lobby europee di rafforzare le società di importazione di prodotto ittico proveniente da paesi extra-UE, pescati senza alcuna rispetto delle norme sulla sostenibilità ambientale e in totale spregio ai diritti dei lavoratori. Una brutta pagina per l’Europa che rischia di perdere la propria identità e con essa i significato massimo dei principi fondanti.Questa manovra, in buona sostanza, rischia di mettere in discussione come la pace e la stabilità, frutto della cooperazione tra Stati membri; il rispetto dei valori comuni, come la libertà, la democrazia, l’uguaglianza e lo stato di diritto; il mercato unico, che permette la libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali; e la solidarietà, che si manifesta attraverso politiche di coesione economica e sociale. Tutti valori messi all’angolo da una politica miope e vocata al riarmo ed all’esasperato ambientalismo che troppi danni ha prodotto nell’economia reale senza apportare alcun beneficio allo stato di salute del Mediterraneo.
Saprà il governo aprire una fase negoziale a Bruxelles per difendere la sovranità alimentare, ottenere risorse aggiuntive alla pesca, deroghe agli opprimenti divieti ei vincoli sulle aree di pesca e sulle giornate massime di pesca nel Mediterraneo e misure compensative per le imprese italiane duramente colpite dalle regole europee? Saprà la politica italiana rappresentata a Strasburgo ed il Commissario per la Coesione Raffaele Fitto difendere l’autonomia decisionale nazionale sulle gestioni degli stock ittici e sulle politiche del mare, in modo da evitare l’applicazione indiscriminata di norme comunitarie che penalizzano il Mediterraneo rispetto ad altre aree europee, semplificare la burocrazia comunitaria e sostenere l’innovazione nel settore, per rendere le imprese più competitive? Nei prossimi mesi si decideranno le sorti di quel che rimane della pesca italiana, della sua storia e di una tradizione millenaria.
Giuseppe Messina