Sarà l’autopsia a tentare di fare chiarezza sulla tragica e ancora inspiegabile morte di Simona Cinà, la ventenne ritrovata priva di vita nella piscina di una villa durante una festa di laurea. La Procura di Termini Imerese, nelle prossime ore, affiderà l’incarico ai medici legali del Policlinico, dove attualmente si trova la salma della giovane. Sarà proprio l’esame autoptico a dover rispondere alle domande che assillano familiari e inquirenti: Simona ha avuto un malore improvviso? È annegata? O nel suo organismo c’erano alcol o sostanze stupefacenti che potrebbero aver giocato un ruolo nella tragedia?
Al momento, gli investigatori — guidati dalla Procura e supportati dai carabinieri — sembrano propendere per l’ipotesi del malore, ma nessuna pista viene esclusa. Intanto la famiglia, assistita dall’avvocato Gabriele Giambrone, chiede tempi rapidi e chiarezza. “Ci sono aspetti che non tornano,” ha affermato il legale, “e solo l’autopsia potrà dare risposte concrete.”
Un elemento cruciale resta da chiarire: quanto tempo è rimasta Simona in acqua? E soprattutto, perché nessuno tra gli invitati si sarebbe accorto di nulla per quasi un’ora? Nessun allarme, nessuna chiamata ai genitori. Un silenzio che pesa come un macigno.
La ricostruzione temporale, al momento, presenta un buco nero di circa 50 minuti. L’ultima volta che Simona è stata vista viva risale alle 3:20, mentre ballava sorridente accanto alla consolle. La chiamata al 112 è partita solo alle 4:10. Cosa è successo in quell’arco di tempo? Qualcuno sa, ma tace?
A rendere ancora più inquietante la vicenda è la quasi totale assenza di immagini della festa. Solo due brevi video, condivisi dalle amiche più strette, mostrano Simona felice, con un bicchiere in mano, mentre ride e balla. Nessuna ripresa della torta, nessun momento della celebrazione. “Una stranezza,” osserva l’avvocato Giambrone. Anche la sorella gemella, Roberta, conferma: “Altri video non ne ho trovati.”
Ma oltre al dolore per la perdita, ciò che più fa male alla famiglia Cinà è l’indifferenza. Nessun messaggio, nessun gesto di conforto da parte dei presenti (circa 80 giovani). I ragazzi, avvolti negli asciugamani, hanno atteso in silenzio l’arrivo dei carabinieri, lasciando i genitori e i familiari di Simona soli, tra lo sgomento e il bisogno disperato di sapere.