Da oltre sei anni, Mazara del Vallo ha assunto il ruolo di “centro di gravità permanente” di festini, sagre e fiere, canalizzando le sue forze esclusivamente sul settore del divertimento.
Da capitale della pesca a catalizzatore di musicanti e ambulanti.
Pare che ai mazaresi questo piaccia, e, di conseguenza, mi verrebbe da pensare che forse sarebbe una buona idea convincere gli ultimi pescatori rimasti ad abbandonare il settore, magari riqualificandosi con una formazione ad hoc per diventare imprenditori del divertimento, capaci di sfilare con abiti d’epoca, oppure di preparare un ghiotto panino, o ancora di servire un saporito piatto di cuscus sotto le stelle.
Avamposto del continente europeo, protesa verso il grande continente africano, Mazara del Vallo, grazie al duro lavoro a bordo del peschereccio condiviso con africani e mediorientali, è divenuto naturale luogo di convivenza e integrazione tra cristiani, musulmani ed ebrei; ma la cui comunità ha subìto, a partire dagli anni ’90, profonde trasformazioni economiche e sociali che l’hanno modificata radicalmente.
Dell’antico porto peschereccio, patria di eroici capitani, cercatori di successo e di “oro rosso” già a partire dagli inizi degli anni ’60, oggi è rimasto ben poco. Eppure, oltre i confini delle acque territoriali, tra le onde del “mare nostrum”, comandanti e pescatori, a governo di natanti per la pesca d’altura, hanno costruito una straordinaria economia attorno alla pesca, con la capacità unica di catturare il gambero rosso di profondità, producendo una ricchezza senza eguali, che si è protratta per oltre trent’anni. Settore trainante che ha impiegato oltre tremila pescatori, ed un eguale indotto, con fatturati da milioni di euro che spaziava dalla cantieristica, alla trasformazione ed anche alla commercializzazione del pescato.
Oggi Mazara del Vallo appare soltanto come centro nevralgico del divertimento, nulla o quasi rimane di una delle più importanti marinerie d’altura d’Europa che è arrivata a contare oltre 450 pescherecci (di cui oggi ne rimangono meno di 80). A nessuno importa se gli armatori ittici mazaresi, veri pionieri alla scoperta di nuovi banchi di gambero rosso, che dettavano legge nelle capitali politiche italiane, oggi sono scomparsi, inascoltati e anonimi.
Alla ricchezza reale, prodotta col sacrificio del pescatore si è sostituita una ricchezza effimera prodotta da tavolate sul lungomare, da feste e festini, in giro per le borgate cittadine e da innumerevoli fiere con giochi pirotecnici, musica, luci e colori inebrianti.
Il popolo mazarese è soddisfatto di tale cambiamento? Pare di sì! E’ la comunità che sceglie il proprio destino, che traccia il futuro delle generazioni successive, che stabilisce la direzione di marcia della crescita di un territorio. I mazaresi hanno scelto di puntare sul divertimento per fare economia e guadagni, lasciando indietro l’economia collegata alla pesca ed all’agricoltura, che da sempre hanno caratterizzato la città del Vallo, contribuendo spiccatamente ad arricchirne il territorio.
Chi oggi amministra Mazzara non ha inventato nulla di nuovo, ha semplicemente rispolverato il modus operandi che vigeva ai tempi dell’impero romano.
Il popolo romano veniva tenuto a bada magistralmente con spettacoli, corse dei carri al Circo Massimo, combattimenti di gladiatori al Colosseo, fastosi spettacoli teatrali, mentre gli imperatori facevano il bello e il cattivo tempo alla guida dell’Impero. Tutto ciò era funzionale a distrarre intrattenendo ed a rafforzare l’identità del popolo, a celebrare la potenza dell’Impero, ed a conferire all’imperatore e ai magistrati l’opportunità di sfoggiare il loro indiscusso potere propinandolo anche come un atteggiamento generoso e magnanimo nei confronti del popolo.
Quindi, nulla di nuovo: oggi come ieri, chi amministra dimostra di saper esercitare il proprio potere offrendo effimero divertimento, accontentando la comunità, sopperendo alle mancanze ed all’incompetenza e guadagnando tempo sulle difficoltà di dover amministrare un territorio.
E’ un atteggiamento lungimirante quello che rispolvera la cultura romana in una terra arabo normanna? È strategia o incapacità? “Ai posteri l’ardua sentenza!”
Su un aspetto siamo certi: da circa sei anni, il leitmotiv delle amministrazioni di Mazara è stato quello di abbandonare ogni tipo di politica riguardante la pesca e azzerare questo settore equivale a cancellare l’identità marinara e, quindi, la storia di una città che su questo ambito ha fondato la sua economia per svariati decenni. I mazarese, figli, nipoti e pronipoti degli audaci e coraggiosi pescatori, lo hanno capito?
Giuseppe Messina


















