«La questione del Parco Archeologico di Lilibeo merita una riflessione che vada oltre le polemiche sterili e si concentri sulla reale fruizione del bene pubblico. Mentre Marsala viveva un momento di massima attrazione turistica, tra la Pasqua, il 25 aprile e il 1° maggio, il Parco Archeologico di Lilibeo si è presentato in uno stato indegno: recinzioni fatiscenti, strutture pericolanti». Lo afferma la deputata regionale trapanese del M5S, Cristina Ciminnisi, tornando sul tema della fruizione pubblica del Parco Archeologico di Marsala.
«Detto con il massimo rispetto: il nostro interlocutore non è la direzione del Parco della quale non viene messa in discussione la professionalità. L’interrogazione – dice Ciminnisi – ha un valore politico chiaro: è l’assessorato ai Beni Culturali chiamato a rispondere su scelte che vanno ben oltre le chiacchiere da social. Non siamo qui a fare polemiche sterili, ma a denunciare una realtà inaccettabile: un parco lasciato in stato di abbandono, con criticità che la stessa direttrice ammette, ma che evidentemente non bastano a smuovere chi dovrebbe garantire decoro e sicurezza».
«Non si tratta, dunque, di un attacco personale, ma di una diversa visione su come un sito archeologico possa essere vissuto dalla comunità. Il problema – aggiunge la deputata – non è solo l’accesso gratuito, ma una gestione che finora non ha garantito la piena valorizzazione del patrimonio e non risponde alle esigenze della città. La direttrice parla di “lavori in corso” e finanziamenti ottenuti, ma i marsalesi e i turisti cosa vedono? Un’area archeologica trascurata, recinti sgangherati, coperture pericolanti.
«Sostenere che un varco libero verso il lungomare comprometterebbe la sicurezza è un argomento che andrebbe approfondito con soluzioni creative, non con un rifiuto aprioristico. Se ci sono rischi – suggerisce Ciminnisi -, si potrebbero studiare controlli mirati, orari contingentati, collaborazioni e partenariati che coinvolgano associazionismo e volontariato, anziché negare ai marsalesi la possibilità di riappropriarsi di uno spazio che è loro per diritto: idee semplici, che però richiedono volontà politica e dialogo. L’archeologia non è un museo chiuso a chiave, non è mera conservazione ma anche valorizzazione e fruizione, è strumento di diffusione di cultura, è un bene comune che deve essere vissuto; soprattutto quando è nel cuore di una città come Marsala».
«Finanziamenti e lavori avviati non bastano – conclude Ciminnisi -. Ci aspetteremmo una progettualità che non si limiti a rattoppare o tutelare nell’immobilismo, ma che ripensi il parco come motore culturale ed economico di Marsala, che includa anche un dialogo con il territorio e valorizzi i beni archeologici oltre la conservazione fine a se stessa. La Plateia Aelia, antica via di collegamento tra la città e il mare, dovrebbe essere simbolo di connessione, non di separazione. Marsala merita un parco accessibile, sicuro e integrato nel suo tessuto sociale ed economico. Noi continueremo a batterci per questo, senza polemiche ma con proposte concrete».