Il business del rilascio della cittadinanza italiana è un mercato florido che vale oltre tre miliardi di euro. Un malaffare dai numeri giganteschi che per troppo tempo ha tenuto nascosta la pratica illegale della caccia ai lontani parenti inesistenti per costruire una cittadinanza italiana totalmente falsa. Il meccanismo messo in piedi da soggetti privi di scrupoli è ormai conosciuto e consolidato da tempo. Ad innescare il disegno criminale la ricerca spasmodica di un antenato italiano. E per essere certi di raggiungere l’obiettivo, si arriva financo a costruire un asse genealogico totalmente fittizio. Il passaggio successivo è quello più facile: si producono documenti di nascita, matrimonio e morte completamente falsificati. Si è di fronte ad un fenomeno criminoso di vaste dimensioni. Con questo sistema truffaldino, basato su documenti falsi, in migliaia ottengono la cittadinanza italiana, che consente di poter circolare indisturbatamente in tutta l’Unione europea. Recentemente sul quotidiano Il Tempo, il deputato di Fratelli d’Italia, Andrea Di Giuseppe, eletto all’estero, è stato destinatario di minacce di morte per il suo costante impegno nello sgominare quella che ormai alle cronache giornalistiche è conosciuta come “Passaportopoli”. L’imprenditore-parlamentare, cittadino americano dal 2011, che vive tra la Florida e Roma, ha avuto il coraggio di sollevare il coperchio sulla pentola del traffico illecito di visti, passaporti e permessi di soggiorno, anche se gli è costato dover vivere sotto scorta, ormai da anni. Quello che è stato scoperchiato è un mercato nero dove le tariffe per ottenere la cittadinanza italiana in maniera illegale, superano i 4 mila euro a singola pratica. Il governo ed il parlamento hanno messo una pezza varando la legge sulla cittadinanza, approvata in via definitiva della Camera dei Deputati nelle scorse settimane, che ha visto tra i promotori proprio Di Giuseppe e che mira ad alzare il livello dei controlli, a partire dalle cittadinanze già rilasciate.
È stata creata una task force composta da ispettori della Farnesina, guardia di finanza e carabinieri. Oltre al ritiro del passaporto è previsto anche l’avvio di un procedimento penale.
Il fenomeno illecito è di vaste dimensioni, dato che è presente in tutti i continenti, con preponderanza nelle Americhe. Va detto che, l’illecita compravendita di visti e passaporti rappresenta una truffa perpetrata ai danni dello Stato italiano e costituisce un chiaro pericolo per la sicurezza nazionale. Sotto la lente d’ingrandimento alcuni patronati italiani operanti all’estero e quindi le organizzazioni sindacali promotrici che pare abbiano alimentato il racket dei falsi passaporti.
Secondo i dati del Ministero degli Affari esteri, negli ultimi quattro anni sono pervenute presso gli uffici della Farnesina 600 mila richieste di passaporti e ogni anno lo Stato italiano produce circa 120 mila passaporti per italiani che vivono all’estero. Al fenomeno dai numeri incontrollati e dal facile guadagno si contrappone oggi un nuovo strumento legislativo che si auspica possa arrestare lo scandalo “passaportopoli” e rendere più sicuri i confini italiani ed europei.
Altro tema caldo e collegato al diritto di cittadinanza ed ai requisiti per ottenerlo è stato l’esito del voto referendario dell’8 e 9 giugno. Referendum dal cui risultato è emersa una sonora bocciatura della proposta di ridurre a 5 anni il periodo di residenza legale ai fini dell’ottenimento della cittadinanza. Il quesito referendario ha riaperto una vecchia ma sempre attualissima polemica sulla modalità di voto degli italiani all’estero. Per evitare i brogli elettorali è quanto mai necessaria una riforma che superi il voto per posta per introdurre quello digitale.
Nei giorni scorsi Di Giuseppe ha postato sulla sua pagina social la posizione al riguardo: “I recenti referendum hanno riacceso i riflettori su un problema ormai cronico: il voto degli italiani all’estero, sempre più inquinato da ritardi “strategici” e sospette interferenze. È davvero una coincidenza che la ricezione dei plichi elettorali continui a funzionare a singhiozzo, guarda caso in base alla tornata e agli interessi in gioco? E perché, puntualmente, certe sigle sindacali – sempre le stesse – sembrano muoversi in cabina elettorale più dei cittadini stessi?
Per non parlare della mai risolta presenza di persone decedute nelle liste elettorali: chi vota al loro posto? E, già che ci siamo, chi incassa indebitamente le loro pensioni? Sono interrogativi pesanti, fatti scomodi che ho denunciato prima di entrare in Parlamento, e che oggi ribadisco con più forza. Il Governo Meloni sta combattendo questa situazione e presto metteremo fine a questo mercimonio”.
Giuseppe Messina